"E se..."


Solitamente la frase inizia in questo modo quando ci poniamo dei dubbi negativi sul nostro futuro come: “e se non ci riuscissi?” o “e se mi lasciasse?”. Ma farsi delle domande sulle possibili conseguenze di un evento, diventa utile solo se riusciamo anche ad elaborare i vari scenari e le differenti strategie per affrontarne gli esiti. Il problema è che questa domanda è solitamente parziale e legata solo agli aspetti negativi, e questo rende difficoltoso trovare le soluzioni e così accade che ad esempio, la paura che possa verificarsi l'esito infausto è così forte dall'impedirci di provare e non iniziamo una frequentazione per paura di essere lasciati o non accettiamo l'invito ad una festa per paura di fare brutta figura...

Allora, se è vero che molti eventi sfuggono al nostro controllo, è anche vero che ce ne sono molti altri in cui possiamo intervenire prima, durante o dopo. Per poter, quindi, uscire dalla trappola del pensiero " E se...?" dobbiamo imparare a focalizzarci su questi aspetti: la paura è perfettamente normale; se accadrà qualcosa di negativo farò del mio meglio per affrontarlo; se sbaglierò, rimedierò e imparerò a far meglio la prossima volta e allo stesso tempo se invece dovesse andare bene?

Dobbiamo quindi imparare ad aprire la mente a tutte le possibilità, senza focalizzarci solo su una parte della stessa medaglia. Se poi, il pensiero " E se...?" si presenta come catastrofico e interferisce sulla qualità della propria vita minandone il benessere, può essere utile consultarsi con uno psicologo che possa permettere di lavorare insieme sul potenziamento delle risorse e sulla ricerca di nuove strategie per il trattamento e la gestione del malessere.


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