PI e attacchi di panico

Un argomento trattato nel libro STRESS DEPRESSIONE E ATTACCHI DI PANICO di R.Rocca e G. Stendoro è l’ansia, in particolare quella forma d’ansia che si manifesta in modo acuto definita dagli specialisti come Disturbo da Attacchi di Panico.

L’ansia, in tutte le sue manifestazioni, è un vissuto comune e condivisibile da tutti noi. A volte si manifesta in modo acuto, altre in modo più “subdolo”, ma in ogni caso porta spesso ad una compromissione della qualità di vita.

Dati statistici riportati nel libro evidenziano che i sintomi dell’Attacco di Panico sono comuni e si manifestano in modo più o meno intenso in un percentuale alta di soggetti (3-4%) (bisogna tenere conto che purtroppo, spesso, chi ne soffre ha paura o si vergogna a chiedere aiuto sottodiagnosticando il problema).

Nonostante tutto, accade spesso che chi ha vissuto l’ansia nella sua manifestazione più acuta, cioè l’esperienza del Panico, o ha avuto una persona cara che ne ha sofferto, si trova disorientato e confuso rispetto a ciò che sta accadendo, con un inquietante vissuto di isolamento dal mondo e di diversità dagli altri (sentirsi cioè come se nessuno possa capire).

Cosa fare quindi davanti ad una realtà sempre più diffusa ma allo stesso tempo allarmante per le sue implicazioni sociali (gli esitamenti, l’ansia anticipatoria condizionano spesso un buon funzionamento socio lavorativo)?

Il libro propone un approccio nuovo al problema in cui scienza, arte e umanità si alleano per portare il soggetto (cito gli Autori): “… ad acquisire o recuperare la certezza che il panico è una ferita che può essere rimarginata attraverso l’esperienza immaginativa…un sostegno che porta il paziente verso una responsabile e definitiva guarigione che dà senso forma e luminosità alla propria vita”.

Vengono pertanto spiegati gli elementi e i vissuti soggettivi che possono permettere un riconoscimento precoce del Disturbo anche là dove i sintomi d’ansia si manifestano in modo meno evidente ma comunque in parte invalidante.

La definizione riportata nel libro è ”gli attacchi di panico si manifestano con l’improvvisa insorgenza di una intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con sentimenti di catastrofe imminente…una complicanza comune di questo disturbo è lo sviluppo di una paura anticipatoria di impotenza o di perdita di controllo durante l’attacco di panico.”

Questa “paura, apprensione” si manifesta inizialmente con sintomi quali: tachicardia, senso di soffocamento, vertigini, confusione, paura di morire o di impazzire, agorafobia.

L’evidente coinvolgimento somatico (sintomi fisici) spaventa, rende disarmati e a volte favorisce interpretazioni erronee che portano il soggetto che ne soffre a temere per un grave malanno forse anche incurabile (nella pratica clinica si spesso il paziente si è rivolto più volte in pronto soccorso prima di arrivare ad un approccio corretto del problema).

Palpitazioni, soffocamento sono in realtà percezioni di ciò che accade a livello fisico e non pure invenzioni del soggetto che se ne soffre.

A volte tali sintomi sono talmente violenti da rendere necessario un approccio psico-farmacologico che controlli, almeno in parte, gli aspetti più acuti e invalidanti.

Da un punto di vista psicologico è largamente condiviso che là dove la psiche non è in grado di contenere l’ansia, utilizza il corpo per manifestare il disagio

Viene proposto un approccio in cui psicologia e psichiatria lavorano insieme per il fine comune della cura del paziente, che, oltre a cercare sollievo dai sintomi acuti, spesso si sta ponendo alcuni interrogativi:

Cosa sta succedendo nella mia vita? Cosa succede al mio corpo?

Sono proprio tali interrogativi che aprono le porte ad un lavoro psicoterapico.

L’individuo angosciato da ciò che sta vivendo l’esperienza panica si rivolge al terapeuta con un profondo bisogno di rispondere a numerose domande su se stesso.

Citando alcune righe del testo riporto l’esperienza di una paziente che a riguardo raccontava: “…durante la paurosa crisi sentivo …mi domandavo se ero morta…pur sapendo che stavo vivendo…”. Potenza della domanda davanti alla quale c’è la presenza ravvicinata della morte che riesce ad imprimersi come ferita attraverso i sintomi somatici soggettivi.

Come suggeriscono gli Autori del Libro, “…gli aspetti oggettivi organici non devono comunque prescindere la presenza di una simbologia personale…che possa aiutare a vincere il dolore e ritrovare la propria autenticità. Un senso simbolico legato a qualcosa della psiche e della sua storia. Una dimensione di intima profondità che comunque qualifica la dignità della persona e…propone di non indugiare sulle possibilità di sviluppare dentro di se dei vivi ri-sanamenti terapeutici”.

Il percorso proposto, attraverso la metodologia con la PI, avviene attraverso il concatenarsi delle immagini che permette di ritrovare la propria voce interiore arrivando ad una profonda conoscenza di sé e alla riscoperta delle potenzialità che possiede ogni essere umano, ma che appaiono bloccate dall’attacco di panico.

La Procedura Immaginativa con la capacità di favorire l’accesso alle rappresentazioni dell’inconscio e stimolando la creatività del soggetto, esprime il suo potere curativo attraverso il libero fluire delle immagini.

L’Immaginario, linguaggio comune che tutti possediamo, diventa pertanto un luogo intimo dove possono accadere le cose, dove l’angoscia panica può essere rielaborata e l’energia liberata dalla sofferenza, favorendo una trasformazione che avvicina ogni essere umano alle proprie radici.

Non sempre il lavoro terapeutico è facile, ma sicuramente la creatività del metodo e la vicinanza affettiva del terapeuta sono elementi fondamentali per il progredire curativo.

Riferiscono gli Autori del Libro che: il bisogno comune più o meno visibile è “…di avere sicurezza dell’amore dell’altro…”.

La realizzazione di questo bisogno è uno degli obbiettivi della cura, che inizia fin dal momento del primo incontro, durante il quale il paziente può aprire il proprio cuore con fiducia al rinnegato “bisogno di amare, di essere amato e di esserci con dei valori”.

C’è un profondo riconoscimento reciproco, che unisce “…con la forza terapeutica della nostra presenza prima ancora della nostra parola…” .

Il lavoro terapeutico diventa quindi uno scambio arricchente di emozioni che concilia il bisogno di vivere, con quello si sentirsi compresi, in un percorso di crescita umana.

Il traguardo è anche quello della scoperta della armonia interna (in cui mente-corpo si uniscono), che permette non solo di alleviare i sintomi ma di favorire un ascolto ancora più profondo di sé, trovando una rinnovata capacità di progettarsi con gioia e speranza nel futuro

Utilizzando come strumento l’Immaginario è possibile liberare l’energia che può ”… colmare il vuoto, lo smarrimento, l’estraneità … ripristinare un diverso vissuto emozionale che è stato capace di aprirli con vitalità umana al gioco bellissimo degli affetti, dei rapporti e all’armonia dell’amore”…

Viene spontaneo chiedersi come possa, qualcosa che tutti noi possediamo, cioè l’Immaginario, fare tutto questo.

Non è questa la sede per spiegare inoltrandomi nei meandri della metodologia con la PI, ma uno dei numerosi casi clinici riportati nel Libro può aiutarci a comprendere.

Gianni , uomo di 43 anni, di bel aspetto, curato nella persona, Laureato in Giurisprudenza, carriera nelle Forze dell’Ordine, sposato con due figli, chiede aiuto al terapeuta disperato descrivendo il suo vissuto “…come se fossi colui che percepisce e colui che osserva dall’esterno il mondo…” e con irrefrenabili tremori e sudorazioni profuse.

Attraverso una PI egli rivive l’esperienza di un attacco di panico descrivendo: “…comincio a sentirmi strano…mi guardo attorno….l’immagine parte veloce …un lungo e cieco corridoi…inquietante…pericoloso…senza porte e finestre…sono spaventato a morte…il cuore mi balza in gola…non voglio esplodere…i denti si stringono…la gola si stringe…boccheggio tra una fitta e un dolore al petto…sensazioni violente sempre più difficili…non riesco a fare niente…l’angoscia mi stringe la gola…mi soffoca…non riesco a fare niente…ho terrore…non ho nessuna possibilità di scappare…”.

Il vissuto immaginativo viene superato nel momento in cui il terapeuta, con la sua presenza affettiva rassicura il paziente che immagina: “ritrovo un’immagine chiara…dietro di me c’è la serratura di una grande porta che posso chiudere se qualsiasi cosa mi va storto…sono piegato in avanti… meno agitato…tutto bagnato dal sudore…grato per il fatto che mi è realmente a fianco (lo psicoterapeuta)”.

Poco dopo la strada per la sua guarigione nella consapevolezza profonda di sé “vedo l’immagine di una linea…una lunga linea…mi concentro meglio…la scena che ho davanti è di un auto che esce dal campo ed imbocca la strada principale…ho un’aria di sfida…tutto quello che ho visto è mio…è roba mia che ho dentro…sarà meglio che pensi a come tirare fuori da qui la mie risorse…”


E’ evidente come la Procedura Immaginativa, attraverso regole metodologiche valide da un punto di vista scientifico, fornisca non solo uno strumento di conoscenza creativo, ma anche di supporto e trasformazione.

La metodologia con la Procedura Immaginativa, nelle sue molteplici sfumature e nel rigore scientifico, suggerisce un approccio alla sofferenza che supera rigidi schemi terapeutici per arrivare ad una conoscenza più profonda dell’essere umano.

Davanti alla sofferenza gli Autori propongono la positività, la speranza e l’amore che sempre emergono nel percorso terapeutico, e che appartengono a tutti gli esseri umani, permettono all’individuo di “imparare a guarirsi”.


L’Immaginario dà una nuova possibilità alla vita di ogni individuo di ritrovare dentro di sè quella speranza che lega alla vita, l’unione con un trascendente che in ogni tempo può salvare dal dolore.

per maggiori informazioni
roberto.ercolani@psicologoweb.net
0549.887412 - 349.3520327

Bibliografia Imparare a guarire STRESS, DEPRESSIONE ATTTACCHI DI PANICO ed. Mondandori