La politica della paura


Da quando i media accompagnano la vita di tutti, non è esistita giornata in cui non ci sia stata una notizia di allarme: “allarme terrorismo”, “allarme plagio”, “allarme meduse”, “allarme terremoto”, “allarme depressione”, “allarme influenza” ecc. ecc. tanto che viene quasi da pensare che sia proprio la possibilità di allarme a metterci in allarme quando saliamo sul treno a fianco allo straniero con la barba lunga, o quando camminiamo in centro e vediamo qualcuno con “fare sospetto”.

Ma le notizie che vengono condivise su FaceBook o le notizie superficialmente pubblicate sui media, siamo sicuri essere sempre rispondenti la verità oggettiva dei fatti o dovremmo ricordarci che dietro a quella informazione c’è sempre una posizione soggettiva di maggiore o minore credibilità? Quello che sicuramente sappiamo è che per bisogno sociale, tutti hanno necessità di audience, in più alcuni hanno tramutato questo bisogno in una professione per ottenere un rendiconto economico da quell’audience (click o vendita di giornali) senza pensare che quando una posizione viene presa è una informazione, quando quella informazione viene condivisa diviene una certezza per quella maggioranza della popolazione che si accontenta di leggere il titolo o di dare seguito alla spinta emotiva del momento. Sono in pochi che tendono ad informarsi su quello che li circonda, e sono in tanti coloro che scelgono di cercare in ciò che li circonda qualcosa che confermi le proprie idee o che possa permettere un rendiconto. Molto più facile trovare la conferma del proprio pensiero che mettere in discussione se stessi dovendo ammettere di non essere infallibili.

Sembrerebbe che le nostre stesse basi psico-politiche necessitino di una certa dose di paura sorda per poter far si che le cose vadano così come stanno andando, proprio perché il panico sembrerebbe un ingrediente necessario nell’attuale “minestra”.


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