Psicopatologia sessuale: l'angoscia vissuta dal paziente

Si distinguono secondo Freud “due pulsioni principali, o specie di pulsioni o gruppi di pulsioni, in base ai due grandi bisogni: la fame e l’amore” (S. Freud Angoscia e vita pulsionale – lez.32 di Introduzione alla Psicoanalisi 1932).

Tutto ciò che viene fatto dall’uomo, tende all’autoconservazione ed alla conservazione della specie.

Nella richiesta sessuologica, come in qualsiasi altra richiesta psicologica, il paziente porta una incapacità a tendere ad una o ad entrambe queste sfere.

Viene ammessa in modo più o meno conscia l’incapacità a sostenere o a mantenere un rapporto costruttivo con se o con l’altro.

Nel caso di una disfunzione sessuale non è soltanto una incapacità a soddisfare un proprio bisogno, ma anche una difficoltà ad entrare in relazione con il mondo degli affetti e delle emozioni e quindi una difficoltà ad entrare in relazione con uno o una, altro da sé.

Solo nel secolo appena trascorso, con la commercializzazione del preservativo, della pillola anticoncezionale e delle scoperte ed evoluzioni mediche successive, la sessualità ha cambiato in modo considerevole il suo significato. Non che prima dell’avvento degli anticoncezionali non esistesse la sessualità senza fine procreativo – ne parla, per esempio, Omero attraverso i poemi epici – ma c’erano delle grosse differenze.

Fornari, nel suo libro “Genitalità e Cultura” (ed. feltrinelli 1975) considera la sessualità come «una forza naturale imprigionata, che deve essere simbolizzata». Infatti «la simbolizzazione genitale (linguaggio affettuoso-poetico) sembra […] avere la funzione specifica di favorire il primato genitale, in quanto promuove la possibilità di controllare il piacere preliminare e impedisce che questo prevarichi sul piacere finale». Quindi per Fornari «il vero conflitto non si colloca nel rapporto tra genitalità e cultura, bensì nel rapporto tra genitalità e pregenitalità». E' anche importante sottolineare che nel pensiero analitico si prevede una visione più ampia della sessualità e sempre con le parole di Fornari: «un atto genitale maturo, quando si esplica in tutti i suoi contenuti, è sempre accompagnato dalla fantasia inconscia di generare un bambino, sia nell'uomo che nella donna, ciò indipendentemente dalle pratiche contraccettive».

Allora a questo punto ci dobbiamo chiedere quale sia il significato di “sessualità”: Libertà sessuale oggettuale? Espressione emotivo affettiva? Pulsione libidica? Legame generativo?

Prima di rispondere a queste domande, proviamo a fare un altro passo in dietro. Cos’è l’angoscia?

In psicoanalisi, Freud (Angoscia e vita pulsionale op. citata), distingue l’angoscia in:

  • Reale: cioè quella riconducibile ad una cresciuta attenzione sensoriale e tensione motoria che può sfociare attraverso lo “sviluppo d’angoscia”, nella ripetizione dell’antica esperienza traumatica, ad un segnale che comunque permette che il resto della reazione possa adeguarsi alla situazione di pericolo, risolvendosi in fuga o difesa; oppure se la passata esperienza traumatica mantiene il sopravvento, l’intera reazione si consolida nello stato d’angoscia, paralizzante ed inappropriato ad affrontare il presente.

  • Nevrotica che assume tre forme: “angoscia d’attesa” (“ansietà generale liberamente fluttuante”); “fobia” (“legata a determinati contenuti rappresentativi”); “isteria” e “nevrosi gravi” (“senza un fondamento evidente in un pericolo esterno”)

Nell’angoscia nevrotica, ciò che si teme è la propria libido. Rispetto all’angoscia reale, il pericolo è interno invece che esterno, e non viene riconosciuto consciamente come tale.

Questo lo si denota molto bene nelle fobie, in cui un “pericolo” interno viene spostato su un “pericolo” esterno.

Allora l’angoscia è al servizio dell’autoconservazione e serve a segnalare un nuovo pericolo. Ma messa in questi termini, un trauma genera un’angoscia, la quale produce meccanismi di difesa che a loro volta possono generare nuove angosce. Ma allora il paziente che arriva in terapia accompagnato da un’angoscia, quale problema dovrà e vorrà affrontare: la disfunzione sessuale o il trauma che l’ha generato?

Cosa rappresenta per il paziente quell’angoscia: un campanello d’allarme rispetto al pericolo o una richiesta di intervento rispetto al problema che ci sta a monte?

Si spera che il paziente sia pronto ad affrontare entrambi i vissuti, ma non sempre dobbiamo aspettarcelo.

Sarà il paziente a darci la sua definizione di patologia sessuale!

Sicuramente, in ogni caso, dovremo fare i conti con i tabù del paziente e con quelli del terapeuta.

Questo vuole dire che dovremo valutare la disfunzione sessuale come una momentanea difesa del paziente che gli ha permesso di autoconservarsi. Ma come ogni difesa, se cronicizzata, diviene patologica.

Se valutiamo la problematica sessuale come una difesa, allora non dobbiamo dimenticarci che come una diga, tale difesa, probabilmente contiene e blocca una massa di energia che è inespressa e che se non adeguatamente convogliata, potrebbe diventare patologica o fonte di patologia. Allora deve essere aiutato il paziente a “simbolizzare” questa energia, dandogli la possibilità di far evolvere la pregenitalità in genitalità.

Anche quando il paziente arriva in consultazione, il disagio che ci porta, è ancora il suo metodo per arginare il problema e per questo non richiede un intervento sul sintomo ma sulle dinamiche che lo hanno provocato.

Permettere al paziente di elaborare il senso di colpa, vuole dire dargli, ancora una volta, la possibilità di risolvere il disagio in funzione della crescita dell’individuo.

La pregenitalità dell’adulto viene espressa dal desiderio di possesso e di distruzione. Per l’uomo, il pene si trasforma in quell’arma con cui penetrare il corpo femminile ed il suo grembo creativo. Strumento di distruzione e di inquinamento. Per la donna, la vagina viene vissuta come «una bocca avida che mangerà ogni pene, che lo dilanierà e inghiottirà, distruggendolo» (Imbasciati Eros e Logos ed. la scuola 1978).

Questi aspetti, traspaiono nei rapporti “pseudoerotici” negli atteggiamenti femminili di ossessività e in quelli maschili di controllo.

Continua Imbasciati scrivendo che «l’eccessiva disinvoltura sessuale si rivela spesso come misura controfobica per negare il terrore delle proprie fantasie aggressive. Si fa l’amore per negare di essere incapaci di amare».

Naturalmente il senso di colpa ha anche una valenza positiva, se letto nella sua valenza di segnale che può “distruggere” qualcosa e che quindi indica che il piacere va corretto se si vuole che sia duraturo.

Allora il rapporto genitale deve essere caratterizzato da una maturità affettiva e cognitiva, in cui i partner possono essere liberi di dare e ricevere senza angosce, paure e senza sensi di colpa.

Per esemplificare le angosce che possono essere vissute dal paziente, trascrivo di seguito lo stralcio di una Procedura Immaginativa (per maggiori informazioni sulla metodologia con la Procedura Immaginativa, si veda in fondo e la bibliografia) di un paziente che soffriva di Deficit Erettivo senza origine organica.

Stimolo Immaginativo Iniziale: Immagini di trovarsi di fronte ad una grande porta con scritto “la città del femminile”. La città ha tutte caratteristiche femminili ma non è popolata di sole donne, ma di polarità femminili.

«Mi trovo di fronte a questa porta molto grande. E' una porta strana enorme, con una punta in cima... e non riesco a leggere effettivamente che cosa ci sia scritto in alto. Mi sento un po' agitato all'idea di entrare, però allo stesso tempo ho il desiderio di entrare. Ho la sensazione di [...] non sapere di preciso come comportarmi, però mi vedo entrare. Apro la porta, la supero, vado oltre. E' come se ci fosse una enorme strada davanti a me. [...] lungo i bordi della strada... e ci sono delle creature, non sono donne, non sono persone. Difficile da descrivere. [...] Delle ninfe e delle sirene che si muovono, sono tante e mi osservano. Queste entità femminili propriamente, che non capisco, non mi spaventano. Io cammino e mi guardo attorno, sono meravigliato, stupito, mi guardo attorno con curiosità, circospezione. [...] Sono entità più astratte che concrete, quelle che vedo... [...]

[...] Ma non so bene cosa si concili con la città femminile. Ho delle immagini diverse che hanno un grosso nesso. Non capisco. Mi guardo intorno, ma non capisco bene dove sono. Le immagini non mi aiutano è tutto troppo vago, astratto, io non riesco a darle le risposte. Come se tutto si annullasse e tornassi indietro davanti alla porta grande. L'unico riferimento concreto che ho visto... tutto il resto non ha senso.

Vedo quello che ho visto prima, lo sto rivivendo al contrario, come se tornassi indietro e vedessi un film che sto riportando indietro con le immagini. Tutto torna al punto si partenza, me compreso».

Stato d'Animo: «Sono parecchio scosso, non infastidito, deluso...»

Punto Più Intenso: «Tutto così strano, ho vissuto tutto con una sorta di apatia... Non saprei dire...»

In questa P.I. il paziente per la prima volta presenta il vissuto del D.E. all'interno dell'immaginario. La porta della “città del femminile”, rappresenta il genitale femminile attraverso la quale il paziente riesce a passare, solo dopo aver verbalizzato la sua agitazione. Il suo interno è qualcosa di misterioso, sconosciuto, qualcosa “più astratto che concreto”. In fondo il paziente non ha ancora concretizzato il rapporto sessuale. La sessualità è vissuta come un tabù.

E' la prima volta che il paziente associa le emozioni alle rappresentazioni, anche se metaforiche, sessuali. Il paziente attraverso l'immaginario, è riuscito a raggiungere il fulcro del suo problema.

Roberto Ercolani (psicologo-psicoterapeuta)
roberto.ercolani@psicologoweb.net
0549.887412 - 349.3520327


RIQUADRO

Cenni sulla metodologia con la Procedura Immaginativa

Per introdurre l'essenza della metodologia con la Procedura Immaginativa, sono obbligato ad introdurre il concetto di “circolarità”.

Questo termine è utile per capire la dinamicità che sta alla base alla metodologia, infatti la circolarità è data dal fatto che: attraverso la Procedura Immaginativa il terapeuta rivive lo scenario immaginativo del paziente, a cui fa corrispondere un proprio vissuto. Dopo di che nel lavoro di Analisi Comparata dell'Immaginario viene liberata la capacità empatica-intuitiva del terapeuta sul vissuto del paziente la quale viene poi riproposta nell'Analisi Comparata della Realtà o all'interno di un nuovo Stimolo Immaginativo Iniziale, permettendo in questo modo, di adattare l'analisi ai tempi personali del soggetto senza costringerlo ad inutili ed inefficaci forzature.

La metodologia viene, quindi, basata su una buona Relazione di Valori Funzionali che è data dallo spontaneo ed autentico interagire nato all'interno di una relazione in cui terapeuta e paziente sono presenti emotivamente ed empaticamente.

Per approfondimenti si suggeriscono i seguenti riferimenti bibliografici:

  • R.Rocca e G.Stendoro, Curare con l'Immaginario, Armando Editore, 2002

  • R.Rocca e G.Stendoro, Psicosomatica, una risposta dall'immaginario, Armando Editore 2005

  • G.Toller e A.Passerini, Psicoterapia con la Procedura Immaginativa, Armando editore, 2007